
Delvecchio: ”De Rossi sta facendo un ottimo lavoro. Il derby di Roma è sentito 10 volte di più rispetto a quello di Milano”
Interviste
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Marco Delvecchio ha rilasciato un’intervista ad AS Roma Podcast.
Elegantissimo con questa maglia.
“Così si può andare ovunque, porte aperte”.
Il backstage?
“Sono tutti buoni. Mi sono trovato bene. Se c’è la compagnia giusta ci si diverte”.
Che effetto fa indossare questa maglia?
“Da una parte una bella sensazione, dall’altra brutta perché so che non potrò giocare più con questa maglia. Ormai l’età è avanzata. Ma la maglia della Roma mi ricorda grandi momenti e grandi emozioni”.
Che effetto ti fa tornare a Trigoria?
“Sono tornato tre settimane fa per la prima volta dopo 10-15 anni. È cambiato tutto, anche le strade e non sapevo più a che rotonda girare per venire qui. Sono arrivato qui e non mi ricordavo più niente, è cambiato tutto in meglio”.
Che legame hai con la Roma?
“Non seguo tantissimo il calcio adesso, ma seguo sempre la Roma. Se devo uscire il sabato e la domenica esco, ma se c’è la Roma non esco. Vale per tutti i giorni, speriamo che l’anno prossimo giochi il martedì o il mercoledì. Seguo tanto la Roma, se riesco a vedere le altre le guardo ma non mi interessa più di tanto”.
Hai giocato anche il derby di Milano.
“Non c’è paragone. Percepisci il derby di Milano quando arrivi allo stadio la domenica, quando vedi qualche coreografia. Quello di Roma lo inizi a vivere un mese prima che arrivi. È un’altra storia, altre tifoserie, colori e sfottò. È un derby sentito 10 volte di più di quello di Milano”.
Si trasformava contro la Lazio. “Bisogna avere un po’ di fortuna nelle cose. Con bravura e fortuna facevo spesso gol nel derby ed era una partita che io sentivo perché sapevo fosse una partita importante alla quale tutti tenevano. I tifosi ma anche noi come squadra. Quindi davo il meglio di me stesso”.
C’è stato un derby in cui è scattato qualcosa? “Al primo gol ho pensato ‘vabbè ho fatto un gol al derby’. Poi c’è stata una doppietta e poi un’altra e ho capito che il derby fosse una cosa mia”.
Il derby che ricorda con più emozione? “È il primo che abbiamo vinto dopo tanti derby che non riuscivamo a vincere. Quello prima lo avevamo pareggiato 3-3, poi quello dopo nel 98-99 abbiamo vinto 3-1. Dopo ne abbiamo vinti tanti altri”.
Come viveva i giorni prima del derby? “In queste partite non hai bisogno di stimoli, ti caricano a prescindere e io non vedevo l’ora che arrivasse il derby perché pensavo a prendermi la scena”.
Ha segnato in tutti i modi: te li rivedi i tuoi gol? “Quando c’è il derby fanno vedere quelli passati e li vedo però non sono uno che si va a rivedere i gol e le immagini. Mi fa piacere ma non lo faccio spesso. Ogni tanto esce qualche filmato nella settimana del derby”.
Il gol del 98-99. “Sembra facile però io ero sicuro che Marchegiani prendesse il pallone e quindi la palla stava sfilando via e non avevo il tempo di prenderla col destro quindi l’ho presa con l’esterno sinistro. È stato un rischio perché da quella parte è meglio arrivare con l’interno destro. Per fortuna è andata bene. Lo metto al quinto posto”.
Il gol nel derby di ritorno del 98-99. “Forte sotto la traversa. Quando lo rivedo penso che sarebbe stato più bello superare Nesta. Questo lo metto al terzo posto”
Il gol nel derby di andata del 99-00. “Questo era facile col piattone sul primo palo. Il passaggio di Zanetti è l’ABC del calcio. Questo lo metto al quarto posto. Eravamo 4-0 nel primo tempo. Finito il primo tempo qualcuno si abbracciava dopo il 4-0 e da dietro Capello diceva ‘Ma no, non è finita”. Per dirti quanto Capello era sempre sul pezzo”.
Il gol nella stagione 01-02. “Questo non so se è il più bello però è rimasto nella storia per l’immagine di Nesta. La finta che faccio si chiama ‘gancio’. Poi ci vuole anche un po’ di fortuna. Questo lo metterei al secondo posto. I laziali pensavano che l’avessi portata avanti con il braccio ma era spalla piena”.
Il gol nella stagione dello scudetto. “Zanetti mi dà una grande palla. L’ho lasciato al primo posto perché è l’anno dello scudetto e per il grado di difficoltà. La palla che arriva da Zanetti non posso né stopparla né fare un gancio. Mi stendo per toccare la palla col collo, è stato un gran gol. Poi la stagione è finita bene”.
Un calciatore della Lazio che lei soffriva? “Soffrivo tantissimo Gottardi. Era velocissimo e quando me lo mettevano vicino avevo difficoltà ad andargli via. In progressione vado più forte di lui ma nei primi passi era più forte lui”.
Come si approccia un derby? “Se rimani freddo riesci a giocarlo meglio. Bisogna avere un approccio positivo ma non troppo intenso. Io davo tutto in campo ma non ne facevo una ragione di vita. Non ci pensavo troppo perché ti leva energie e vivevo la settimana sapendo che c’era il derby però cercavo di avvicinarmi come una gara qualsiasi ma in campo davo il massimo. Il segreto è viverlo spensierato”.
I tifosi amavano anche la tua esultanza. “È nata come una polemica. Poi c’è stato un chiarimento con i tifosi a Trigoria e alla fine abbiamo capito che non aveva senso farsi la guerra e l’obiettivo era fare il bene della Roma. Ho spiegato che le orecchie che facevo erano per sentire la gioia dei miei tifosi dopo i gol. È un gesto che poi hanno apprezzato”.
De Rossi ha sempre vissuto il derby con intensità. Che consiglio daresti? “Daniele è un ragazzo nato a Roma, di Roma e lo viveva come anche Totti con tanta attenzione e ci pensavano anche troppo. Daniele ora è maturato ed è cresciuto. Saprà lui affrontare il derby nel migliore dei modi e se la saprà cavare benissimo”.
Come sta andando l’avventura di De Rossi come allenatore? “Benissimo, i risultati parlano per lui. Ha avuto un approccio che non mi aspettavo. Quando torni in un ambiente dove sei stato tanti anni e ritrovi gente che ha giocato con te non è facile. Ha trovato equilibrio con giocatori, società e tifosi. Complimenti perché sta facendo un grandissimo lavoro”.
Percepisci il cambiamento del calcio?
“Non lo percepisco tanto. Percepivo di più la differenza tra il calcio degli anni Ottanta e il nostro, ma non tra questo moderno e il nostro. Magari si saranno evoluti nel modo di allenarsi. Ma se metti i giocatori della mia epoca, si troverebbero bene”.
C’è la spaccatura tra risultatisti e giochisti, come ti schieri?
“Il talento individuale fa sempre la differenza in un’organizzazione. Quindi ci vogliono tutte e due le cose. Sono vecchia maniera, sento tante terminologie. Sei mesi fa o un anno fa ho sentito ‘braccetto’. Ma quale braccetto… Non mi piacciono queste terminologie”.
Il tuo contributo nell’anno dello scudetto è stato fondamentale. Oggi dove ti vedresti?
“All’epoca mi sono defilato sulla sinistra per una richiesta di Capello, sapevo di giocare sempre e mi sono spostato volentieri. Ma se potessi rifare la carriera me la giocherei da centravanti, quando ho giocato da centravanti ho fatto bene”.
Da quando hai smesso di giocare hai osservato qualche calciatore in cui ti sei rivisto?
“No, penso che i giocatori siano tutti diversi e ognuno abbia la propria caratteristica. Non riesco mai a vedere un giocatore uguale all’altro, si può avere qualche movenza”