Ranieri ‘alla Ferguson’, ma non solo: da Sacchi a Klopp, da Conti a Liedholm, la terza vita da manager

Ranieri ‘alla Ferguson’, ma non solo: da Sacchi a Klopp, da Conti a Liedholm, la terza vita da manager

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(di Checco Oddo Casano) Non solo allenatore, ma super manager.

Consulente o direttore tecnico, dirigente senior, insomma: Claudio Ranieri sarà il referente sportivo principale dei Friedkin, l’uomo che porrà il suo marchio su tutte le decisioni di carattere sportivo, compresa la scelta del prossimo allenatore.

Ieri la proprietà ha messo nero su bianco l’auspicio di tutto l’ambiente romanista: ripartire da un uomo di campo, magari anche emotivamente legato a questa realtà, dotato di un bagaglio d’esperienza straordinario, capace di parlare 4 lingue e soprattutto in grado di valutare dall’interno il da farsi per ricostruire la Roma.

Oggi il mister – che sarà chiamato prima di tutto a salvare la squadra sul campo nel ruolo di allenatore – spiegherà certamente meglio, i contorni operativi del ruolo che ricoprirà a partire da giugno per almeno due anni, ma un dato è certo: a 73 anni Claudio Ranieri non si farà mai prendere in giro. Non avrebbe senso, sarebbe una mancanza di rispetto forse senza precedenti. I proprietari della Roma con questa scelta hanno indirettamente ammesso di aver sbagliato tutto, soprattutto negli ultimi 18 mesi. Indubbiamente uno degli obiettivi è non desertificare del tutto uno stadio che domenica scorsa ha mandato segnali chiari. Ma è solo una delle sfumature della scelta operata su Ranieri in vista del prossimo futuro.

Da chi sarà arrivato il suggerimento? Difficile saperlo, ma quella di Ranieri non è una metamorfosi professionale anomala o unica nel suo genere.

Sono diversi ed illustri infatti i precedenti nel calcio nazionale e internazionale: recentemente il Manchester United ha salutato Sir Alex Ferguson dopo 38 anni complessivi. L’allenatore più vincente della storia dei Red Devils, nel maggio del 2013 si è ritirato dal ruolo in panchina e poi è stato cooptato all’interno del board del club, ufficialmente come ambasciatore globale della società ma il suo carisma, il suo peso specifico in alcune decisioni dello United si sono irradiate fino alla scelta degli allenatori.

In passato un altro tecnico che saturo e stanco dello stress in panchina scelse una strada diversa fu Arrigo Sacchi: dopo aver toccato il tetto del mondo sulla panchina del Milan, il ‘profeta di Fusignano‘ ha chiuso la sua carriera da allenatore a Parma nel 2001 e assumendo immediatamente l’incarico di direttore tecnico, per poi passare col medesimo ruolo e anche qualcosa in più al Real Madrid di Florentino Perez fino al fino al dicembre del 2005.

Nella Roma, ci sono due precedenti illustri: Bruno Conti, che ha ricoperto anche il ruolo di ‘direttore tecnico‘ legato alla prima squadra. Da responsabile del settore giovanile, Brunetto fu chiamato a salvare la Roma in panchina al termine della stagione 2004-2005 e poi la società lo promosse a ruolo di dt al fianco di Pradè. Da Conti nacque l’intuizione di Spalletti, difesa e protetta anche nei primi mesi di difficoltà del toscano che ad Empoli dopo una sconfitta per 1-0 rassegnò addirittura le dimissioni.

Poi Nils Liedholm: quattro volte in panchina – record nella storia del club con Ranieri che si fermerà a tre insieme a Masetti – ma anche direttore tecnico e consulente della società nella prima parte dell’avventura di Franco Sensi come presidente del club.

Tornando in Germania, sono tanti gli esempi di figure di primissimo livello che dal campo, alla panchina poi sono passati dietro la scrivania, portando grande valore ai rispettivi club: impossibile non citare l’esempio massimo del Kaiser, Franz Beckenbauer che nel Bayern Monaco è stato tutto: un fantastico giocatore, un eccellente allenatore, poi anche direttore amministrativo, vicepresidente, presidente e presidente onorario nell’ultimo periodo, dopo aver scalato parallelamente anche i vertici della FIFA.

Un’altra figura che ha concluso la sua carriera da dirigente è Rudi Voeller: storico attaccante giallorosso, ha tentato la carriera da allenatore non riuscendo a cogliere risultati straordinari e riscoprendosi però nel ruolo di manager. Ha di fatto costruito il Bayer Leverkusen, alimentando per 15 anni, prima ds poi da direttore esecutivo, una struttura sportiva e dirigenziale che lo scorso anno ha raccolto i frutti del suo profondo lavoro con la vittoria del titolo in Germania.

Sempre in terra teutonica, Matthias Sammer, dopo aver chiuso la sua grande carriera al Dortmund, ha tentato la strada dell’allenatore tra Borussia e Stoccarda ma non è riuscito a raccogliere frutti importanti. Quindi dapprima si è dedicato al ruolo di direttore tecnico della Nazionale tedesca e successivamente anche supervisore delle giovanili, per finire al Bayern Monaco (dal 2012 al 2016) nel ruolo sempre di ds mentre oggi è consulente esterno del Dortmund, suo vecchio grande amore.

Dunque tanti personaggi e storie diverse, ma sensazioni e riflessi simili: l’idea di fondo che il calcio debbano svilupparlo quei personaggi che lo hanno vissuto, praticato da professionisti ad alto livello, diretto magari in panchina e non soggetti che provengono da realtà e dimensioni quasi aliene rispetto al manto erboso.