
L’uomo sul palo? C’è ma non si vede. E il peggio è quando non difende
Rassegna stampa
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Ma perché non c’era l’uomo sul palo? La domanda se la sono fatta in tanti quando la parabola di Hakan Calhanoglu è scesa tra le gambe di Rui Patricio per mettere in discesa la partita dell’Inter all’Olimpico.
I metodi per difendere sono sostanzialmente tre: a zona, a uomo, misto (cioè con alcuni difensori a zona e alcuni in marcatura fissa), a seconda delle caratteristiche della squadra. C’è chi ama il duello individuale, chi la ricerca della palla. Di solito si costruisce il cosiddetto “castello difensivo” composto tra due linee da quattro o cinque proprio davanti alla porta e di altri tre o quattro poco più avanti, con uno o due elementi a coprire l’uscita dall’area. Funziona, visto che chi attacca spesso cerca di “muovere la palla”, cioè non calcia direttamente verso il centro, per sbilanciare il castello. Il fatto è che sul primo palo ci sono sempre uno o due uomini a protezione: non proprio attaccati al palo, ma se la palla cade in quella zona, deve essere roba loro. Invece all’Olimpico non hanno vigilato Cristante e soprattutto Zaniolo, che fa un passo letale a uscire sulla traiettoria di Calhanoglu, il pallone passa e inganna Rui Patricio. Così come in Inter-Napoli Zielinski che si era abbassato sul colpo di testa di Perisic. Perché la questione non è avere l’uomo sul palo o no, difendere a zona o a uomo: conta difendere bene. Se poi uno calcia come Cuadrado, si può solo stringergli la mano.