DDR, un gigante in un calcio piccolo

DDR, un gigante in un calcio piccolo

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(di Francesco Oddo Casano) – Non serve strillare o inventare teatrini mediatici per far valere la forza della ragione e delle idee.

Daniele De Rossi oggi ha dimostrato ancora una volta la sua grandezza. Da ex campione in campo e grande uomo fuori, ha parlato in sala stampa mettendo qua e là i puntini sulle ‘i’ senza mai tracimare.

Ha mostrato classe, eleganza e coraggio, tirando una serie di ‘delicate sassate’ dialettiche a chi ha avuto l’ardore di mettere in discussione la bontà del gesto – condiviso da tutti in campo, anche dall’Udinese e dall’arbitro Pairetto – di sospendere la gara contro i friulani.

“Se bisogna sottolineare oltremodo il gesto fatto a Udine vuol dire che siamo finiti come società”, aveva detto qualche giorno fa DDR e oggi è stato costretto a tornare su un tema di cui non si dovrebbe neanche discutere. In un mondo normale dovrebbe essere così. L’umanità e la salvaguardia della salute delle persone dovrebbe andare oltre lo spettacolo, così anche il senso d’appartenenza ad una comunità, ad un gruppo, ad una famiglia. E la Roma fortunatamente è una famiglia, lo mostra costantemente in campo e fuori, rendendo orgogliosa un’intera tifoseria.

Ma tornando al merito della questione. Non solo la Roma è stata danneggiata dalla miopia (o dai giochi di potere…) del ‘palazzo’ calcistico nazionale e sarà l’unica formazione europea a non poter disporre di 5 giorni pieni per preparare la sfida d’andata delle semifinali di coppa, ma ha dovuto anche ascoltare la bieca reprimenda di Lotito e dei vertici della Lega, ai quali con eleganza, De Rossi ha mandato messaggi chiari e inoppugnabili.

“Mi dispiace che il presidente Casini non abbia ascoltato le nostre richieste, che secondo me erano legittime e sacrosante, mi dispiace che il capo delle competizioni, un uomo di calcio che è stato nell’Inter per tanti anni, non ci abbia aiutati e capiti, perché è un uomo di calcio, stava dentro al campo, faceva le coppe europee, sa benissimo quanto un giorno in più o in meno sia determinante per una squadra, detto ciò punto“. Esatto. Perchè De Rossi non cavalca mai la cultura dell’alibi e non inizierà a farlo ora. Quando ha parlato di episodi arbitrali ha rigirato la questione chiedendo lumi in merito al concetto di interpretazione e discrezionalità, nonostante l’entrata in vigore del VAR. Quando oggi ha toccato la questione ‘politica’ che dovrebbe attenere ad un dirigente (e ci si augura che prima o poi la Roma si doti di una figura in grado di poter tutelare l’allenatore su questi temi soprattutto nella comunicazione) non si è nascosto, anzi. Ha tirato fuori nomi e cognomi, sbertucciandoli, senza insultare.

E la frase più ficcante non l’ha espressa tanto su Lotito (“abbiamo un bel rapporto, ha sbagliato. So che ha detto quelle frasi ad un buffet…) ma sui vertici del nostro calcio (comunque espressione politica del presidente biancoceleste): “Se certe considerazioni sul presunto vantaggio che avremmo tratto dalla sospensione le fanno sui social, ci perdo tempo 30 secondi ma se lo facciamo anche noi all’interno del calcio, e purtroppo ripeto nelle chiacchiere fatte con Butti, Casini, è uscita questa cosa, come se il fatto che lui non fosse morto era una nostra colpa, un nostro errore, quando come se non bastasse l’esser stati spaventati che fosse successo qualcosa a un nostro amico, giocatore, compagno, a un calciatore di qualsiasi squadra, è un peccato”. A tutto questo fanno da sfondo i silenzi assordanti di Gravina – Presidente FIGC – e del ministro dello Sport Abodi, che su altre tematiche invece hanno mostrato enorme celerità e loquacità (ad es. l’esultanza di Mancini con una bandiera goliardica al termine di un derby).

Colpiti e affondati. Senza possibilità di replica, senza credibilità alcuna qualsiasi affermazione questi signori faranno. De Rossi si è mostrato ancora una volta moralmente e dialetticamente ineccepibile, un gigante in un mondo melmoso e torbido come quello del calcio italiano.

 
 
 
 
 
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