Il Capitano, il controllo, i cambi. 3 pensieri su… Hellas Verona-Roma

Il Capitano, il controllo, i cambi. 3 pensieri su… Hellas Verona-Roma

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FOCUS RS – Prima o poi doveva arrivare.

Ne era conscio Mourinho, che nei giorni dell’orgiastico entusiasmo cittadino richiamava tutto l’ambiente all’attenzione massima. Ma in fondo ne eravamo consci anche noi. La Roma non è costruita per vincere lo Scudetto. Le parole scandite dalla scorsa estate a mo’ di goccia cinese sono ‘tempo, pazienza, costruzione, lavoro’. Certo oggi brucia. Perchè il Verona arrivava da tre sconfitte consecutive, con il cambio d’allenatore quattro giorni fa. Perché la Roma arrivava alla sfida del Bentegodi con il pieno di vittorie, energie positive, consapevolezza e spirito di gruppo nel proprio serbatoio. E perché tra Verona e Roma ci sono tante categorie di differenza. Ma in Serie A nessuno ti regala niente e tanto meno poteva farlo una squadra impantanata all’ultimo posto in classifica.

IL CAPITANO – Nell’oscuro pomeriggio di ieri, reso ancor più cupo dalle complicate condizioni atmosferiche, Lorenzo Pellegrini ha nuovamente illuminato la scena. Il 7 ha dipinto un affresco futurista colpendo di tacco in corsa, in una frazione di secondo e su un cross deviato, il pallone che non poteva non finire alle spalle di Montipò. Un altro gesto tecnico d’autore che ne consacra sempre di più leadership tecnica e peso specifico all’interno dell’undici titolare. In assoluto è stato l’unico calciatore, anche per dinamismo, capace di reggere l’urto con l’avversario, creando nella ripresa l’occasione del pari e rendendosi pericoloso anche in una posizione più arretrata. Il rinnovo arriverà nei prossimi giorni, con l’idea che la Roma abbia finalmente trovato il proprio faro in mezzo al campo.

IL CONTROLLO – Tatticamente la mossa a sorpresa di schierare Shomurodov aveva un significato chiarissimo: aggiungere peso specifico all’attacco per non lasciare Abraham in balia dei tre centrali avversari. Questa scelta però ha prodotto due risultati negativi: 1) l’eccessiva ricerca della palla lunga sui centravanti. Aspetto che ha favorito il corpo a corpo impostato da Tudor per limitare i danni; 2) poca copertura in fase difensiva, con Calafiori spesso puntato da Faraoni e Barak ed incapace di rendersi pericoloso in zona offensiva. Mourinho certamente si aspettava di più dall’uzbeko e dal centravanti inglese, che per motivi diversi, non sono riusciti a fare la differenza. A destra Zaniolo ha manifestato un deficit in termini di brillantezza, inevitabile, dopo 1 anno e mezzo di stop. Non era forse la partita adatta per aspettarsi dal 22 il salto di qualità. Il tutto acuito da una tendenza pericolosa che Mourinho deve cercare di estirpare il prima possibile: la Roma concede troppo campo e spazio nei primi quarti d’ora della ripresa, era successo con la Fiorentina, col Sassuolo, ma anche col CSKA giovedì poi surclassato nel risultato finale. E’ accaduto nuovamente ieri. Quando la squadra si allunga e lascia il controllo agli avversari, dietro manifesta delle difficoltà non solo individuali. Le squadre di Mourinho sono fondate sulla compattezza difensiva e nel percorso di crescita intrapreso, questa solidità va acquisita necessariamente per tutti i 90 minuti. Evitando inoltre di spedire sistematicamente lungo il pallone ogni volta che lo si recupera o lo si gioca dal fondo. Troppi rilanci di Rui Patricio, a volte imprecisi, troppa fretta di scavalcare il centrocampo. Quando la Roma, anche ieri seppur sporadicamente, ha giocato palla a terra è riuscita a creare pericoli sensibili alla retroguardia dell’Hellas.

I CAMBI – Non sarà lesa maestà se si riconosce anche in Mourinho un fattore negativo nella sfida di ieri. Al contrario delle precedenti sfide, lo Special One avrebbe potuto leggere con maggiore celerità le difficoltà palesate dai due mediani nell’andare a chiudere sugli esterni i continui triangoli ricercati, soprattutto a sinistra, da Caprari-Lazovic e Ilic. L’inferiorità numerica è stata il vettore su cui Tudor ha costruito la rimonta. Magari l’inserimento di un centrocampista e la composizione di una linea a tre, con Pellegrini a supporto delle due punte, avrebbe permesso di schermare meglio la sfuriata dell’Hellas. Il 3-5-2 finale, con Perez ed El Shaarawy a tutta fascia, Mkhitaryan e Pellegrini mezzali più due punte, è valso la mossa della disperazione per recuperare almeno il risultato di parità. Nulla di grave, ma si riparta da dove si era lasciato col CSKA.